Link per la Liturgia della Parola (secondo il rito cristiano-cattolico latino):
Link per chi desidera essere orientato con suggerimenti per impostare la lectio quotidiana:
Alcune annotazioni
Trovo tutte le tre letture talmente belle, salmo compreso, e tra i miei passi preferiti, che l’emozione rischia di sopraffarmi mentre mi accingo a cercarne annotazioni di commento che saranno inevitabilmente più estese.
Della vocazione di Isaia mi accadde un’esperienza di compenetrazione, mi sembra proprio nel giorno in cui iniziai quest’esperienza di scrittura del diario in quanto cadeva nella liturgia feriale di quel 6 luglio 2009 (o forse 7 od 8, ma insomma stiamo lì). Tra l’altro singolarmente quel giorno mi recai a Messa feriale nella mia attuale parrocchia, che allora non lo era ancora, e per la prima e unica volta mi venne chiesto di proclamare la lettura dall’ambone. Per chi dovesse aver conosciuto e compilato il test di origine junghiana dal titolo MBTJ (a me somministrato dal mio allora accompagnante nella fede, indimenticabile p. Max Taggi s.j ,per molti anni direttore nazionale dell’Apostolato della Preghiera e autore, anche con Marisa Bisi, di libri come L’arte del dialogo, Sentieri di luce, Ricordare fa bene), nulla di particolare, se viene fuori che si è profilo Introvertito iNtuitivo Feeling e J-giudizioso: a chi ha quel profilo INFJ c’è proprio scritto che è soggetto a vivere esperienze di incarnazione di brani biblici – confermo -, come fossero detti a sè e dentro di sé vissuti. Ma di certo è un’esperienza che non potrò dimenticare, per cui ogni volta che questo brano torna la rivivo in tutta la sua dinamica profonda. Non lo commento, invito piuttosto a leggerlo personalmente, nella consapevolezza che Dio, pur senza mai lasciarsi possedere né minimamente esaurire, tuttavia generosamente si mostra.
Il salmo è un rendimento di grazie proprio di chi è stato toccato da una grazia speciale, dal “tizzone ardente” che ha purificato le labbra di Isaia togliendo da lui il senso dell’indegnità e del peccato. “Non agli dèi, ma a te voglio cantare … Il Signore farà tutto per me”: stupenda consapevolezza. E poi la richiesta di “non abbandonare l’opera delle Tue mani” che da un certo tempo volgo, come ogni richiesta orante, al presente indicativo, affermativo certo: Tu non abbandoni l’opera delle Tue mani. Infatti il Tuo amore è fedele.
Da me diletto anche il brano di Paolo, che apre un capitolo interamente dedicato alla risurrezione di Gesù e agli effetti che dovrebbe avere sulla nostra visione della vita e che sintetizzo con le parole di s. Francesco d’Assisi: “Laudato si’, mi Signore, per sora nostra morte corporale”. Più sorelle sarebbero per i credenti da vedere morte e vita, che in senso stretto neppure dovremmo chiamare così perché la vita non sarebbe vita se fosse soltanto questa e la morte non è morte, se non di questo corpo fisico, ma semplice passaggio trasformativo da una frequenza vibratoria densa a una più sottile e così via per successive ascensioni: questa morte nulla distrugge né separa in senso profondo, se non nella percezione dei soli sensi esterni, fisici appunto; inaugura invece un’esperienza di comunicazione telepatica profonda che, se confidassimo pienamente nella nostra perenne connessione divina essendo noi stessi polvere di stelle, ci scopriremmo capaci senza deleghe di una comunicazione fluida e incessante con le persone care già trascese, una volta che sia elaborato con dolcezza quel dolore acuto che occlude ogni intendimento. Cristo è risorto veramente e l’hanno visto, dice con certezza Paolo, “oltre cinquecento testimoni” oculari! I vangeli ci consegnano alcuni racconti di sua manifestazione, ma nel Quarto Vangelo Giovanni chiarisce che molte cose potrebbe ancora scrivere su Gesù, però non basterebbero tutti i libri di questo mondo e quindi ce n’è tanto e tanto ancora (Gv 21,25). Ecco allora “i cinquecento testimoni” e “da ultimo”, dice Paolo, “apparve a me, come un aborto, perché io sono l’infimo”, l’ex persecutore dei discepoli di quel Maestro e Signore. Se Cristo è risorto, allora è certo che risorgiamo anche noi, che siamo fatti di lui perché come lui usciamo da Dio e a Dio torniamo (Gv 13,1ss.): e non risorgiamo chissà quando, ma sin da ora e qui in quanto “IO SONO la risurrezione e la vita: chiunque crede in me anche se muore vive” (Gv 11,25-26) e “passa dalla morte alla vita” (Gv 5,24). Passa: è il transito a cui potremmo credere fermamente senza timore di sbagliare.
Splendido infine il testo della chiamata dei primi discepoli nella versione di Luca, noto come quello della “pesca miracolosa”. Anche qui invito a leggerlo senza sintetizzarlo, ma sottolineo l’invito del Maestro a “prendere il largo” per pescare con abbondanza: come Abràm uscire dalla terra nota (Gen 12,1-3), lasciare mentalità vecchie (Lc 5,37-39), dilatare gli orizzonti non conformando la mente ma trasformandola in quella di Cristo (Rm 12,1-2). Il successivo senso d’indegnità di Pietro, simile a quello di Isaia che si riconosce “uomo dalle labbra impure” e Gesù a cui questa impurità non importa nulla, anzi giunge a proporre l’esposizione delle ferite perché lui sa trasformarle in feritoie di luce (d.Luigi Verdi, d.Francesco Fiorillo); delle debolezze, perché sa come farle divenire punti di forza (2Cor 12,1-10). “Cosa nella tua vita sembra oggi assomigliare a quella barca (un fallimento, una caduta, una ferita …) e Gesù ti sta chiedendo di usarla con Lui?” (d.Diego Conforzi). E’ proprio una logica rovesciata, una melodia a canone inverso quella che scaturisce da Gesù e dalla sua proposta: dove la mentalità mondana etichetta, limita ed esclude, lui libera da identificazioni rigide verso spazi infiniti e include; dove la debolezza e i fallimenti sono bollati come negatività da evitare, egli aiuta a ricomprenderli come apprendimenti per ricominciare a un livello di consapevolezza maggiore e quale possibilità di empatia da dilatare in compassione. Per questo si diventa “pescatori di uomini”, proprio perché si è fallito – in apparenza – talché ogni piaga è divenuta un’opportunità di guarigione da offrire senza condizioni. Non me ne importa niente del tuo passato e del tuo peccato: tira la tua barca a terra e lascia tutto ciò che ti trattiene, il Mio tizzone ardente ti ha purificato per sempre.
NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.
Comments