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Paginetta – Diario liturgico di A. Jori – giovedì 6 febbraio 2025 – IV t.o. dispari – s. Paolo Miki e compagni martiri

Immagine del redattore: Antonella JoriAntonella Jori


Paginetta giovedi 6 febbraio 2025

Link per la Liturgia della Parola (secondo il rito cristiano-cattolico latino):

 

 Link per chi desidera essere orientato con suggerimenti per impostare la lectio quotidiana:

 

Alcune annotazioni

 

Oggi il brano di Ebrei è uno di quelli che mi colpisce di più e sempre tanto. Qui lo parafraso soltanto: voi vi siete accostati al Monte Sion, alla città del Dio vivente, all’assemblea festosa di angeli e santi. Basta questo. E’ come se questo autore sentisse l’irresistibile ispirazione di rammemorarci a chi e cosa ci siamo accostati e che, per l’appunto, ci siamo accostati davvero. Ci siamo accostati a una realtà meravigliosa, incommensurabile, stupenda e oltre ogni aspettativa. Sarebbe importante ricordarcelo ogni volta che consentiamo alla vita di trascinarci a terra; la realtà è molto di più e noi stessi siamo molto di più. Ecco, anche in un giorno in cui ci sentiamo stremati e spiaggiati, tuttavia abbiamo sempre la possibilità di contattare la nostra parte alta e profonda, eterna e infinita, sempre in contatto con il divino, e quantomeno ricordarci che siamo molto di più e che tutti come pure tutto è molto di più e oltre, che sfinimento e notte passeranno trovandoci vivi per sempre in un’incessante inesauribile trasformazione che allo stesso tempo è ascensione in alto.

L’invito di Gesù alla più piena essenzialità ritengo ponga il fuoco soprattutto sulla fiducia, assai più che sulla povertà. Dato che l’inizio del sentiero dell’”amartìa - quello che noi chiamiamo peccato e che è esperienza di devianza, sviamento, disgregazione e dispersione – è originato da un atto radicale di sfiducia, allora il ripristino della compattezza è dato dalla fiducia, che è assolutamente essenziale nella relazione con Dio. Questo “non portare” lo colgo come segno di profonda fiducia.

Simile invece all’atto di cura premurosa delle tuniche di pelli poste su Adàm e Hawwà prima dell’invio fuori da Eden mi pare il duplice invito a fermarsi nella stessa casa, per trovare e dare stabilità alla loro presenza; e quello a saper prendere le distanze senza lasciarsi ferire laddove si viene rifiutati. Come a dire: se uno ti rifiuta, lascialo libero di scegliere ma anche la responsabilità del tuo rifiuto senza fartene carico tu, senza lasciartene demolire. Abbi cura di te.

Infine l’invio a curare e liberare, sanare e guarire: è la condivisione dello stesso, precisamente lo stesso ministero di Gesù. “In cielo come in terra” siamo noi stessi a poterlo generare nella misura in cui assumiamo quella tunica di pelle nuova che è l’umanità divina di Cristo e che ha sempre i caratteri della cura e dell’inclusione.

NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.

 

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