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Alcune annotazioni
Non per caso la tragica vicenda di Caino e Abele è collocata subito dopo il racconto della scelta di separazione da Dio operata da Adàm ish e isha, distinti ma non separati a loro volta, che divengono invece Adàm e Hawwàh, congiunti ma in lotta anche tra loro. Conseguenza di questa loro scelta e della vita fuori da Eden, con la cui energia luminosa e armoniosa sono divenuti incompatibili, è che la separazione e la contrapposizione investono ormai ogni aspetto della loro esistenza, finanche nei loro figli. I due fratelli sono l’emblema della vita terrena in stato di natura decaduta (status naturae lapsae): i fratelli contrapposti, in cui l’invidia dell’uno travolge sino a ucciderlo l’innocenza del secondo. Morte e vita, bene e male sono rappresentati simbolicamente da questi due, che sono fratelli come lo siamo tutti noi nel mondo, figli dell’unica fonte divina eppure contrapposti a motivo di barriere mentali, non presenti nella realtà ma costruite, generatrici di competizione, invidia, gelosia, sete smodata di possesso e di sottomissione, mio contro il tuo. In uno dei testi audiovisivi che propongo ai ragazzi nei giorni prossimi al Giorno della Memoria, la docufiction “Figli del destino”, quando Alberto Segre deve comunicare alla figlia Liliana che le leggi razziali (ottobre 1938) le impediranno da quel momento in poi di frequentare la scuola pubblica, Liliana – che in quel momento neppure sapeva d’essere ebrea – chiede sconcertata come sia possibile che l’abbiano espulsa, lei sempre così brava e attenta; e poi cosa significa che è ebrea, quando lei è italiana; mentre nella famiglia di Lia Levi, la madre di Lia deve comunicare alla loro colf che non può più prestare servizio presso di loro ebrei in quanto lei è ariana; e allora la giovane risponde: “Ariana? Ma io so’ de Tivoli!”, a dimostrazione che quella categoria particolare – ariana – era soltanto una costruzione mentale partorita da energie disgregatrici e dunque sataniche attivate per generare contrapposizione, odio artificiale e distruzione. Questa energia opera evidentemente in Caino. Ed è anche interessante che la pulsione di morte in lui scaturisce dall’invidia, che si “accovaccia alla sua porta” interiore e che egli nutre, consentendole di saltargli dentro, occupandogli la mente intera. Soltanto una costruzione, un castello di carta, eppure tanto velenoso e mortifero da muovere Caino a portare il fratello Abele in campagna con un imbroglio e togliergli la vita.
Anche Caino, come Adàm nudo, avverte l’impulso di nascondersi, sperando che sia possibile farlo. Ma come ripeto spesso, “a Dio non la si fa” (A.J.Cronin). Noi possiamo nasconderci a chiunque, non però certamente a Dio. Il salmo 139 può essere un ottimo testo da meditare oggi lungo il giorno: Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo, ti sono note tutte le mie vie” e così via intero.
Caino viene raggiunto da Dio e anche in questo caso quella che noi percepiamo come condanna è in realtà una presa d’atto della condizione in cui Caino stesso si è posto: andrà errando senza trovare pace interiore; potrà occultare anche a sé stesso l’efferatezza compiuta, ma la voce della sua coscienza la riporterà sempre a galla. Molti sfuggono alle atrocità commesse adducendo che non erano in sé o che hanno obbedito a ordini, ma viene il momento in cui la coscienza, nel suo nucleo profondo di libertà e di eternità di fronte all’essenza di Dio, parla in modo inequivocabile. Nessuno può fuggire a quella voce, l’indistruttibile dimora di Dio in noi. E “guai a chi tocchi Caino”: anche in lui c’è Dio.
Come presa d’atto anche Gesù chiude la disputa con i farisei che “chiedono un segno” affermando che “nessun segno sarà dato loro”: nessuno e tanto basta. Poi si allontana in barca, prendendo il largo innanzitutto da quella pretesa. Ed è proprio vero: se non sono riusciti a credere nonostante ciò che hanno già visto in termini di guarigioni e sul piano della profondità sapienziale delle sue parole, nulla basterà mai; come a una persona invaghita a cui i segni dell’amore della persona desiderata non bastano mai e ne vuole sempre altri ancora in un’ingorda insaziabilità. Quando si vive sbilanciati verso l’esterno e il dopo, nulla mai basta; solo rientrando verso il proprio centro interno, alto ampio profondo, si ascolta la Voce, la si riconosce e si respira l’amore che vi è custodito dentro, sempre presente. L’amore già c’è, la vita, le persone amate, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è già sempre presente nel momento per momento: occorre soltanto imparare a percepirlo e lo si può fare discendendo dalla mente divisiva al cuore in cui, in stato di amorizzazione (P.Teilhard de Chardin; Arturo Paoli), tutto è unità e presenza.
NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.
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