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Alcune annotazioni
Nel percorso lungo il libro della Genesi giungiamo al racconto del diluvio, che accomuna tutte le civiltà antiche: a evidenziare che sicuramente questo evento c’è stato e che forse, in assenza dei mezzi di comunicazione di massa di cui disponiamo oggi, anche noi interpreteremmo le nostre alluvioni quali diluvi universali. Ad ogni modo, il mito mesopotamico lo presenta come una sorta di capriccio degli dèi, che sembrano incuriositi di testare la loro potenza e sbirciarne dalle nuvole gli effetti, giungendo sino a spaventarsi loro stessi di ciò che hanno messo in moto. Diversamente il racconto ebraico ci presenta un Dio mosso da un intento etico e spirituale: constata che l’umanità è giunta a generare una misura di male troppo colma ed esondante, che questo Adàm a cui ha dato vita si è totalmente pervertito; allora si pente di averlo creato e sceglie di ricominciare daccapo, ricreando la stirpe umana partendo da Noè, “uomo giusto che cammina con Dio”. E’ interessante questa immagine di Dio inedita, controcorrente: è ancora legata a un’idea di castigo, è vero, ma innanzitutto Egli ha a cuore la crescita spirituale della Sua creatura ed è tutt’altro che mosso da un capriccioso desiderio di misurare la Sua potenza.
Il brano del vangelo lo colgo toccante in quanto fondato più su un non-detto che su una esplicitazione. Gesù coglie fra i suoi discepoli il permanere di dubbi e sensi di carenza rispetto alle richieste della realtà: sceglie allora di entrare in dialogo con loro senza fare affermazioni, ma riportando alla memoria eventi e ponendo loro domande. Alla luce della sovrabbondanza di cibo da lui moltiplicato, partendo da pochissimo a disposizione, che egli ha più volte generato, “non comprendete ancora?”. Questo del binomio carenza-abbondanza è un aspetto che ho messo a fuoco da relativamente poco nella mia vita: il nostro Dio è signore dell’abbondanza e ha creato tanti beni per quanti siamo noi, ponendoceli tutti a disposizione e per tutti, nessuno escluso perché in Lui non c’è distinzione tra figli e figliastri. La percezione della carenza è frutto della scelta di vivere separati da Dio e dunque dalla sovrabbondanza della fonte, privando una parte di umanità e di creato di quegli stessi beni, accumulandone in eccesso per oligarchie prepotenti che se ne accaparrano una grande parte per loro, diseredando a piacimento e trattenendo per sé. C’è dunque una privazione quale conseguenza di atti d’ingiustizia. Poi ce n’è anche un’altra, che è frutto della nostra poca fede. Infatti il Maestro stesso altrove dice: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso (si noti: è l’albero dalle radici fra le più robuste al mondo) di sradicarsi e trapiantarsi in mare e questi vi obbedirebbe” (Lc 17,6). E ancora: “Chi vive e crede in me farà le stesse mie cose e ne farà di più grandi e quello che mi chiederete nel mio nome lo farò affinché il Padre sia glorificato nel Figlio” (Gv 14,12-13). Anche questo è concesso, se abbiamo fede e fede vera. Dio è un Dio di abbondanza. Così ancora afferma altrove, presentandosi come “IO SONO la porta” e “IO SONO il pastore bello”: “Io SONO venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (cfr. Gv 10,9-11). Come sapientemente scrive Etty Hillesum nel suo Diario, non è Dio che abbandona noi, siamo piuttosto noi ad abbandonare Dio.
NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.
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