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Paginetta – Diario liturgico di A. Jori – sabato 15 febbraio 2025 – V t.o. dispari

Immagine del redattore: Antonella JoriAntonella Jori


Paginetta sabato 15 febbraio 2025

Link per la Liturgia della Parola (secondo il rito cristiano-cattolico latino):

 

 

Link per chi desidera essere orientato con suggerimenti per impostare la lectio quotidiana:

 

Alcune annotazioni

 

La festa dei santi Cirillo e Metodio ci ha fatto scavalcare il momento cruciale in cui Adàm ish e isha cadono nella trappola tesa loro dal serpente, personaggio che entra sulla scena teatrale del mondo all’inizio del cap. 3 di Genesi mentre si aprono le tende del palcoscenico. Chi è questo serpente? E’ una forza disgregatrice (satàn), che attacca Adàm nella sua integrità e compattezza, intorbidendone la trasparenza, servendosi del potente veleno di diffidenza e sfiducia. La sua efficacia è dovuta al fatto che è allo stesso tempo esterno e interno ad Adàm: se fosse soltanto esterno, non troverebbe in lui appigli a cui attaccarsi; se fosse soltanto interno, non sarebbe così potente in quanto parte della sua prepotenza è connessa al fatto che si para innanzi al piccolo terroso, in tal modo dimentico dell’altra parte di cui è costituito, la ruah di Elohim. Il serpente fa leva in modo subdolo sulla distorsione dell’immagine di Dio con questa argomentazione: non vi ha proibito di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male per preservarvi dalla morte, ma perché è invidioso di voi e teme che diventiate come lui. I due ci cascano pienamente: significa che non si fidano di Dio e questo è precisamente quello che noi chiamiamo peccato, la scelta di dar credito al disgregatore e separarsi da Dio togliendogli la fiducia. Conseguenza immediata è la perdita di trasparenza: i due si scoprono ora nudi e quella nudità, che dapprima era una condizione beata, ora diventa motivo di disagio e vergogna. Fuggono per nascondersi. Elohim lo o li chiama. Non finirà mai di cercarli e chiamarli. Ish e isha ora non soltanto si vergognano l’uno dell’altra, ma anche si accusano, scaricando responsabilità fuori di sé. Non sono più liberi dentro e per questo sono anche incapaci di assumere responsabilità.

Le sentenze di condanna conclusive sono in realtà semplici prese d’atto da parte di Elohim: loro due hanno compiuto una scelta precisa che è quella di camminare senza Dio, da Lui distanti e separati. L’allontanamento dalla Fonte perfetta introduce tribolazioni nel lavoro, nella relazione amorosa e nel parto: l’armonia è frantumata, tutto diviene fatica e dolore, persino il desiderio si trasforma in oppressione.

Questo peccato non è la disobbedienza, che ne è la conseguenza, bensì la sfiducia. E’ a questa che Gesù contrappone la fiducia piena nel Padre e soprattutto nel Padre in lui: questa presenza alta gli suscita il sentimento prezioso della “compassione” che a sua volta lo muove a cercare come sfamare tutte queste persone che cercano di stare accanto a lui per riceverne cura. Ed è anche la stessa consapevolezza di quella presenza a conferirgli la fiducia di poter moltiplicare “sette pani” e “pochi pesciolini” in cibo abbondante per tanta gente. Il Maestro non soltanto compie un miracolo per chi in quel momento aveva intorno, senza misura né condizioni alla sua compassione; ma oltretutto ci apre una strada permanente che è per l’appunto quella della fiducia ripristinata, dell’interiorità di Padre nel Figlio e Figlio nel Padre, attraverso cui ogni bontà e bellezza rifluiscono nella vita in questa dimensione densa e ferita dall’esperienza della disgregazione interiore e delle relazioni.

Fiducia: un dono difficile da dare. Personalmente mi ritrovo sin da bambina in questa frase: “Ho fiducia unicamente in Dio. E ho fiducia negli uomini soltanto perché ho fiducia in Dio” (Mahatma Gandhi). E’ perché credo e ho sperimentato più volte che Dio c’è e guida verso il maggior bene (Rm 8,28), inserendosi fra le pieghe e le piaghe della storia e delle storie, che continuo a investire sulla fiducia anche negli esseri umani. Credo che nel profondo Egli abita dentro ognuno e ciascuno di noi è goccia d’acqua della Sorgente, scintilla della Prima Luce. Trovo importante perdurare in questo sguardo che non separa, ma discerne e suscita incessantemente una non omologante unità, splendore e moltiplicazione armonicamente espansiva delle diversità.

 

NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.

 

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