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Alcune annotazioni
La celebrazione della festa dei santi compatroni d’Europa, Cirillo e Metodio, i due fratelli evangelizzatori e generatori di cultura in Europa orientale nelle loro vesti rispettive di monaco e vescovo, interrompe per oggi il percorso lungo il libro della Genesi e ci pone all’interno della scelta dell’apertura dell’annuncio del vangelo fuori dall’ebraismo compiuta dagli apostoli. Come? Grazie al rifiuto da parte dell’ebraismo stesso, almeno in quanto tradizione religiosa, a parte singole persone che hanno aderito al vangelo di Gesù. Il motivo di questa apertura suscita immediatamente una riflessione: ciò che, nella storia umana universale, nelle storie locali e nelle nostre storie personali tendiamo a identificare come negativo, spesso o forse addirittura sempre nasconde aspetti inattesi di espansione della coscienza e della comunione, dunque generativi e ascensionali. Altrimenti detto: difficilmente o forse mai c’è qualcosa di soltanto negativo, perché Dio si fa carico di trarre cose buone da qualsiasi cosa senza mai abbandonarci. E’ l’esperienza di Francesco d’Assisi: “Ciò che per me era amaro mi divenne dolce”.
Circa la provvidenzialità del rifiuto della tradizione ebraica nella sua interezza, Paolo vi ha meditato molto e ci ha consegnato il frutto della sua meditazione in Spirito Santo in particolare nei capitoli 2 e 3, ma soprattutto da 9 a 11, della corposa e illuminante lettera ai Romani. Proprio in quanto la tradizione ebraica si è chiusa al vangelo, gli apostoli hanno inteso di dover estendere la loro opera di condivisione del vangelo. Voglio esercitarmi oggi a scovare motivi di gratitudine in ogni evento personale e universale, nella certezza che li troverò. E la gratitudine, unita alla fiducia, apre le porte del cielo.
Come ricorda spesso Ermes Ronchi nei suoi dolci, profondi e poetici commenti biblico-liturgici, Gesù invia i discepoli “a due a due” perché non siano soli. Abbiamo appena visto in Genesi che “non è bene che l’uomo sia solo” e questa complementarietà di ish e isha è anche interiore, realizzabile anche fra uomo e uomo, donna e donna, perché ognuno di noi è portatore interno di una parte di ish e una parte di isha, di uno yin e uno yang.
Abbiamo visto non da molto poi che i discepoli vengono anche inviati nell’essenzialità: ricevo questa indicazione come una pedagogia della fiducia e della potenza della leggerezza. Ma abbiamo anche da poco notato che c’è un atto di cura da parte del Maestro nell’invito a non consumarsi nell’instabilità, cambiando dimora continuamente, invece accettando di lasciarsi ospitare con una certa stabilità, ponendo radici sebbene in leggerezza e libertà; e ancora, a non permettere che il rifiuto delle persone possa destabilizzarli e demolirli interiormente, invadendoli con l’idea tutta mentale del fallimento. Davanti a Dio non ci sono fallimenti, bensì soltanto apprendimenti: ogni esperienza custodisce un apprendimento sapienziale. Dio apprezza, utilizza e incentiva la cosiddetta “didattica per errore” con la quale personalmente ogni giorno incoraggio i miei ragazzi di scuola a sperimentarsi nella condivisione di emozioni, sentimenti e riflessioni suscitate dall’incontro con un testo, quand’anche ancora incerte e claudicanti. Non permettere mai che qualche veleno demolisca la nostra autostima essenziale, il senso profondo della nostra inalienabile dignità: chi pone in atto energie distruttive deve porsi lui o lei la domanda sul perché lo fa; da sé si può fare senz’altro una riflessione per imparare ed emendarsi, ma mai cadere a terra paralizzati. Il Maestro ha questa attenzione, questa cura amorosa verso i suoi, dunque verso ognuno di noi a cui continua a ripetere incessante la sua dichiarazione d’amore: “Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima ed io ti amo” (Is 43,4). E’ in fondo questa l’essenza del vangelo, per ogni essere umano e creatura vivente, annunciato dai fratelli di sangue e Spirito Santo, Cirillo e Metodio.
NB: gli autori citati sono sempre indicati in forma ipertestuale: puntando il mouse sul nome, si può aprire il riferimento biografico.
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